APPROFONDIMENTI



A Noi Cosa Rimane?

In questo momento storico, l’intelligenza artificiale è entrata a pieno titolo nel nostro mondo. Se in un prima battuta c’era una forte difficoltà nel comprenderla, oggi è un termine ormai accettato e, almeno in parte, assimilato dai vari interlocutori.

L’intelligenza artificiale applicata alla musica è in continuo movimento: mese dopo mese vengono presentate versioni aggiornate e nuovi tool in grado di affiancare la produzione musicale. La community dei producer AI mette in campo le proprie idee, sfornando brani e canzoni sempre nuove, appartenenti ai generi più disparati e caratterizzate da sonorità spesso sperimentali.

Ma chi sono questi producer? 

È necessario fare una distinzione fondamentale tra coloro che si approcciano a questa tecnologia: una distinzione indispensabile per comprendere la reale forza dei tool presenti sul mercato, il loro effettivo impiego e l’upgrade (non indifferente) che rappresentano per chi è musicista, arrangiatore o compositore di professione nel mondo reale.

La distinzione può essere riassunta in due semplici parole: appassionati e professionisti.

Essere appassionati significa ad es. tradurre in musica le proprie sensazioni, un evento quotidiano o un’esperienza vissuta, ottenendo in pochi passaggi un prodotto soddisfacente che appaga un’esigenza personale.

Il livello di conoscenza dei tool varia da persona a persona,e non è raro che alcuni utenti abbiano già suonato uno strumento, cantato, o messo musica in passato: un elemento che aiuta a fornire direttive più significative all’AI e a tentare di governarla al meglio per un risultato ottimizzato.

Essere professionisti è tutt’altra cosa.

C’è una solida esperienza reale che definisce la categoria: un diploma di conservatorio, esperienze significative nel mondo della musica, la capacità di leggere a vista uno spartito e una serie di competenze tecniche proprie della professione.

Questo tipo di approccio è completamente diverso, sia nell’utilizzo dei tool di intelligenza artificiale, sia nel processo creativo che porta alla realizzazione di un prodotto finale che, beninteso, nel 99% dei casi non si limita alla generazione migliore per poi archiviare il brano, ma viene utilizzato come spunto o stimolo per fare altro.

L’esperienza musicale, in generale, è fondamentale per completare un lavoro con l’AI che, altrimenti, resterebbe in uno stato embrionale.

E sì, diciamolo chiaramente: essere professionisti nel mondo reale rappresenta un valore aggiunto non indifferente.

Molti appassionati cercano di “monetizzare” o di “sfondare” nel mondo musicale, proponendo i propri brani AI sulle varie piattaforme di streaming.

Alcuni costruiscono progetti complessi che non si limitano alla pubblicazione di un singolo brano o di un album, ma puntano alla creazione di un vero e proprio ecosistema artistico, simile a quello degli influencer virtuali.

Ma siamo sicuri che sia la strada giusta? Perché, a volte, ci ostiniamo a rimanere in un mondo virtuale quando, sebbene più complesso, potremmo approdare in quello reale?

La risposta risiede in quanto detto prima: professionisti e appassionati.

I professionisti del mondo musicale dispongono di risorse che possono mettere in campo, nel reale, sin da subito: la competenza, innanzitutto; la conoscenza di come si organizza un evento; la promozione di un brano; i contatti per suonare dal vivo; persone a cui sottoporre le proprie idee.

  • Non sto parlando della band di amici che suona al pub tre volte l’anno.
  • Non sto parlando dell’amica che canta in una cover band.
  • Non sto parlando della banda del paese.

Sto parlando di artisti che, nel bene o nel male, hanno uno spazio definito nel reale e un riconoscimento (più o meno importante) da parte del pubblico.

E gli appassionati?

Gli appassionati devono partire da zero, o quasi: mettersi in gioco, trovare un pubblico, creare e portare avanti un processo creativo credibile e costante, farsi conoscere, trovare una band o un cantante che possano migliorare il brano AI e presentarsi a un “pubblico reale”.
Oppure, continuare nella direzione intrapresa e accantonare, passatemi il termine, l’idea di “sfondare”.

Non è facile, è vero.

Ma la vera domanda, in tutto questo, è: quanto manca?

Probabilmente, a nostra insaputa, esistono già brani che contengono idee o porzioni generate con l’AI, poi rivisitate e riadattate da professionisti e finite nelle mani di artisti famosi.

E quindi, detto tra noi, cosa ci rimane?

A me rimane l’esperienza e la soddisfazione di aver messo in musica sensazioni, emozioni e ricordi legati anche a esperienze musicali reali: un vecchio gruppo, un testo abbandonato per anni in un cassetto, una band che avrei voluto avere.

Una sensazione agrodolce che mi piace, mi appaga e mi spinge a continuare, sperimentare e trovare applicazioni nel mondo in cui viviamo. Per me stesso, per gli altri, ma soprattutto per definire il confine tra me e la macchina.

Macchine che, senza il mio intervento umano, resterebbero inutilizzate. E senza "vita".

Jan Nava