
Liminal Soul. Chi si nasconde dietro questo nome? Scopriamo assieme le mille sfaccettature di Miriam Columbro e le passioni di una vita...
HUB: Sei tra i primi 10 di 156 partecipanti al primo festival internazionale musicale AI. Come ti senti?
LS: Sono felicissima, è una soddisfazione profonda! Essere tra i finalisti è già una vittoria, non solo perché è un contest internazionale, ma perché essere valutata da una giuria così autorevole mi fa sentire che ciò che faccio ha un valore reale. Per me, che ho in iniziato da soli tre mesi a "giocare" con Suno è un incoraggiamento enorme, mi dà voglia di continuare a sperimentare con passione e fiducia nelle nuove tecnologie.
HUB: Raccontaci un pò di te: chi si nasconde dietro la tua musica?
LS: Nella vita faccio la psicologa. Sono una professionista molto eclettica, che ama esplorare metodi alternativi e integrare l’arte nei percorsi di ascolto e crescita personale. Uso la musica, la poesia, il corpo, la voce, il teatro come strumenti per facilitare la connessione profonda con sé stessi. Sono specializzata anche in teatroterapia e da sempre credo che l’arte non sia solo un’espressione estetica, ma una forma di cura, di verità, di accesso a ciò che le parole spesso non riescono a contenere.
Tra tutte le forme artistiche, la musica occupa un posto speciale. La utilizzo spesso nel mio lavoro proprio per accompagnare le persone nel riconoscimento e nell’elaborazione delle emozioni, soprattutto quando il linguaggio verbale si rivela insufficiente. A volte, basta partire da una melodia, da una canzone, ed ecco che si apre la porta per elaborare quelle emozioni sepolte dentro. Per me la musica ha questo potere unico: sa parlare a ciò che è sepolto, sfocato, difficile da dire – e riesce, con naturalezza, a dare forma all’invisibile.
HUB: La musica è sempre stata parte della tua vita?
LS: Sì, da sempre. Il mio legame con la musica è profondo, quasi viscerale, mi piace chiamarlo "rapporto di culla" perché da neonata - raccontano i miei genitori - riuscivo ad addormentarmi solo ascoltando musica classica. Da allora, la musica è diventata la colonna sonora della mia vita. Ogni fase, ogni cambiamento, ogni stato d'animo ha il suo suono, il suo ritmo, il suo genere. Vivo con le cuffie nelle orecchie, letteralmente. Ma non solo: il mio corpo ha sempre vissuto la musica in modo pieno, attraverso la danza. Sono un’ex ballerina di danza classica, ho iniziato a cinque anni, per volere personale!, avevo già le idee chiare: volevo vivere dentro la musica e chiesi insistentemente ai miei genitori di fare danza. La danza mi ha permesso di entrare nella musica con ogni parte di me – di sentirla nella postura, nel respiro, nel ritmo che si fa movimento.
Da questo sentire è nato Liminal Soul: un progetto nato per caso, scoprendo Suno da uno stato Whatsapp di uno dei miei contatti, solo tre mesi fa. Mi ha assorbito da subito e mentre ero lì a sperimentare generi, disegnare suoni, riattraversare la mia vita in musica, facendo miscele di generi, mi sono resa conto che solo lo stato di "soglia", di attraversamento, poteva esprimere il divenire perpetuo che è l'avventura della vita. Un territorio liminale dove la musica diventa ponte, rito, possibilità di incontro autentico con sé e con l’altro. Le atmosfere che cerco sono spesso cinematografiche, sospese, dense di suggestioni, mirate a intercettare emozioni che si muovono in profondità.
HUB: Che emozioni provi quando ascolti una tua canzone finita, anche se generata dall’AI?
LS: Mi commuovo, ogni volta. Ma quel momento di emozione arriva dopo un processo intenso, che richiede cura e una certa dose di ostinazione. Lavorare con Suno non è semplicemente “scrivere un prompt e vedere che succede”: è un vero e proprio dialogo, fatto di tentativi, di aggiustamenti, di esperimenti.
Spesso devo faticare per far emergere la sonorità che ho in mente: affinare le parole del prompt, trovare il modo giusto per suggerire un’atmosfera, far prendere corpo al tipo di voce che voglio, dirigere una progressione armonica. E ogni volta che qualcosa non torna, ricomincio. È un processo creativo a tutti gli effetti – solo che l’orchestra invisibile è algoritmica e va guidata con sensibilità.
Quando poi, finalmente, tutto si compone… lì arriva la parte emotiva, il momento magico e non è insolito che le lacrime scorrano. Il brano mi parla. Mi specchio dentro quella musica e sento che dice qualcosa di vero su di me, qualcosa che magari non ero riuscita a esprimere in altro modo. E questo mi emoziona profondamente. Mi dà la sensazione di aver toccato qualcosa di autentico, di averlo fatto emergere esattamente come lo volevo, come se Suno mi potesse leggere dentro. In certi momenti, Suno sembra non solo eseguire, ma interpretare. Aggiunge sfumature che non avevo richiesto, ma che si incastrano perfettamente nell’intenzione emotiva del brano. È come se l’AI non si limitasse a tradurre un’idea, ma riuscisse ad arricchirla, a darle profondità. E quando succede, quel risultato mi stupisce e mi tocca ancora di più, perché mi ricorda che l’arte – anche quando è mediata da una macchina – può essere piena di grazia e rivelazione.
HUB: Come è nato il brano che hai inviato per il festival?
LS: “Ombra di vetro” è nato dal mio amore per gli Avion Travel, per il loro modo unico di fondere musica e parola con una teatralità raffinata e una poesia che scivola tra le pieghe del quotidiano. Amo quella capacità di raccontare storie emotive senza retorica, con eleganza e profondità.
Da lì è emersa la voglia di scrivere una canzone che fosse anch’essa una piccola scena teatrale dell’anima. Partendo da quell’ispirazione, ho voluto raccontare una storia fatta di assenza, ossessione e memoria. Per tradurla in musica ho scelto il tango come linguaggio aggiuntivo: perché il tango ha in sé il passo esitante del desiderio e il peso della nostalgia.
“Ombra di vetro” racconta una danza interiore tra desiderio e perdita, tra passione e assenza. Il testo è viscerale, pieno di immagini e tensione emotiva. Volevo che fosse un brano che si potesse “vedere” oltre che ascoltare: come un tango sospeso tra due fantasmi che non riescono a lasciarsi andare del tutto. Una coreografia del ricordo, tradotta in parole e suoni.
HUB: Hai un metodo particolare per lavorare con l'intelligenza artificiale musicale?
LS: Sì, assolutamente. Il mio processo creativo parte sempre dal testo: scrivo, ascolto le parole, ne esploro l’emotività e la direzione. Poi immagino in che modo quel testo potrebbe prendere vita musicalmente: quale genere, quale atmosfera, quale voce potrebbe incarnarlo al meglio e sulle voci, essendo il più grande limite della musica AI, sono maniacale, non mi arrendo fino a quando non la ottengo come la voglio!
Fin dall’inizio il mio approccio con Suno è stato narrativo. Anche quando lo spazio per i prompt era limitato a 200 caratteri, cercavo già di costruire un’immagine, un contesto emotivo e se i caratteri erano pochi, forzavo e sperimentavo inserendo dei prompt anche nel box lyrics. Ho capito subito che per ottenere davvero ciò che desideravo non bastavano i tag stilistici: bisognava parlare all’AI in modo evocativo, trasmettere un’intenzione profonda.
Forse è anche grazie al mio lavoro di psicologa che ho avuto questa intuizione: il mio linguaggio è quello delle emozioni, e mi è venuto naturale trattare l’intelligenza artificiale come un interlocutore sensibile. Quando uso un linguaggio che racconta, che trasmette immagini, emozioni, visioni, la musica che l'AI restituisce è sorprendentemente più vicina a ciò che ho dentro.
Per questo, quando è uscita la versione 4.5 – con la possibilità di scrivere prompt fino a 1000 caratteri e una maggiore attenzione alla componente narrativa – è stata per me una grande soddisfazione. Perché avevo in qualche modo anticipato questa direzione. Attraverso i miei esperimenti, avevo già compreso cosa funziona davvero: non un tag, ma un’emozione ben raccontata.
Ora ogni brano nasce come un piccolo racconto emotivo: parte da un testo, cresce in un’intenzione sonora, e si affina in un dialogo con l’AI che considero emotivo. Questo, per me, è il cuore del metodo.
HUB: C’è stato un momento in cui l’AI ti ha “sorpreso” artisticamente?
LS: Sì, soprattutto sul piano vocale. È lì che l’AI mi ha colpita più profondamente. Dopo copiosi e ostinati esperimenti nella ricerca maniacale della voce giusta – timbro, dinamica, interpretazione emotiva – mi sono trovata ad ascoltare risultati che sembravano quasi umani.
Mi ha stupita non solo la qualità tecnica, ma la capacità di restituire sfumature emotive reali: certe inflessioni che rendono la voce credibile, viva.
Per me che lavoro con l’ascolto e con le emozioni, questo ha un impatto enorme. Quando quella voce digitale riesce a raccontare qualcosa che risuona dentro, capisco che non è solo uno strumento, ma un mezzo potente – che va saputo usare. È lì che sta il punto: non è l’AI in sé a essere sorprendente, ma cosa riesce a fare quando incontra una direzione chiara, una visione emotiva precisa. Se la tratti come un interprete e non come un esecutore, ti restituisce qualcosa che vibra davvero.
HUB: Come rispondi a chi dice che l’AI toglie autenticità alla musica?
LS: Credo che l’autenticità non risieda nello strumento, ma nell’intenzione di chi lo usa. Una chitarra, un sintetizzatore o un’intelligenza artificiale: sono tutti mezzi. È la visione, l’emozione, la verità di chi crea a fare la differenza.
Nel mio caso, l’AI è un’estensione del mio processo creativo. La guido, la ascolto, la interrogo, ma sono sempre io a decidere dove voglio andare. Le canzoni che creo non nascono da un algoritmo: nascono da ciò che sento, da ciò che voglio esprimere. Se c’è autenticità, è perché c’è un’emozione reale dietro. E questo vale indipendentemente dal mezzo che si utilizza.
HUB: In queste domande abbiamo usato la parola artista...Ti reputi un' artista?
LS: Mi sono sempre definita artistoide, con una certa ironia. È il mio modo per raccontare un’urgenza creativa che non ho mai saputo contenere: scrivo, danzo, compongo, disegno, esploro continuamente nuove forme di espressione.
Ho anche fatto la mia tesi di laurea sulla creatività, cercando di individuare i dieci principi universali dell’arte. Perché non mi basta creare: ho sempre voluto capire perché lo facciamo, che cosa ci muove, cosa ci restituisce.
Credo profondamente che l’essere umano abbia bisogno di arte come ha bisogno di aria. Che la bellezza – non intesa come estetica, ma come intensità, verità, risonanza – sia una forma di salvezza. L’arte attiva, cura, connette. È uno spazio che ci permette di riconoscerci, di trasformare il disordine in significato, anche solo per un attimo.
Ecco, se essere artista significa abitare questo spazio e provare a renderlo accessibile anche agli altri, allora sì… forse in quest'accezione, che non è quella canonica, lo sono.
HUB: Usa questo spazio dedicato come meglio credi!
LS: Prima di tutto un sentito ringraziamento a voi - tutto lo staff di Future Frequencies Ai Music Fest - per aver creato uno spazio come questo, dove la musica e la tecnologia possono dialogare senza pregiudizi. E infine grazie a tutti gli amici che mi hanno sostenuto, spronandomi a partecipare e credere in questa nuova parte di me.
"OMBRA DI VETRO"
(Lyrics: Liminal Soul - 2025)
Nella nebbia dei miei passi
scivola il tuo nome,
come un bicchiere rotto
che riflette la mia sete.
Strade bagnate di silenzi,
lampioni come occhi spenti,
il tuo profumo resta
tra le pieghe della mia camicia.
Ombra di vetro,
mi tagli l’anima piano,
ballo con il tuo fantasma
sul filo del mio inganno.
Ombra di vetro,
sei ferita e sei cura,
un tango che mi consuma
nella sua lenta paura.
Le tue dita sulle mie vene,
scrivono storie mai dette,
ogni carezza è una catena
che il cuore aspetta.
Nel battito dei tuoi tacchi
rinasce la mia ossessione,
sei la nota che manca
nella mia canzone.
Ombra di vetro,
mi tagli l’anima piano,
ballo con il tuo fantasma
sul filo del mio inganno.
Ombra di vetro,
sei ferita e sei cura,
un tango che mi consuma
nella sua lenta paura.
E quando il giorno si spegne
sul confine dei miei sogni,
resta solo il tuo sguardo
a bruciare dentro me.
E quando il giorno si spegne
sul confine dei miei sogni,
resta solo il tuo sguardo
a bruciare dentro me.