
Nel panorama affascinante e controverso della musica generata da intelligenze artificiali, emergono progetti che raccontano anziché imitare. È il caso di Arti-Gence (Andrea Triani) e del suo album d'esordio "Storie di Plastica": un concept album di 17 tracce che esplora una crisi esistenziale umana, orchestrata da un'entità non umana. Un paradosso intrigante che caratterizza l'intero ascolto.
L'album si sviluppa nel genere Electro soul / indie rap, con beat elettronici minimalisti, synth avvolgenti e sample raffinati che creano un'atmosfera tra il chill e l'inquieto. Su questo tessuto sonoro si intrecciano voci melodiche che raccontano la vita di un uomo vicino ai quarant'anni, un'età simbolica di bilanci spesso spietati.
Prima Parte: La Messa a Nudo
Si apre con "Anni", introducendo un tono malinconico e riflessivo. Seguono "Ubriaco", "Weekend" e "Strofe", che affrontano la difficoltà dei rapporti umani e delle aspettative deluse. Con "Nostalgia", la storia si lega a un passato specifico, culminando in "Auguri", una riflessione amara sul tempo che passa, gestita con elegante sensibilità.
Seconda Parte: La Scossa e la Ricerca
"Niente panico" segna un cambio di tono, con influenze soul-pop e una ricerca più attiva di risposte. "Promesse" si distingue per il groove coinvolgente e il testo urgente. La ballad "Come in un classico" offre un momento di quiete, mentre "Brivido", "Allucinazioni" e "Chissenefrega" sperimentano sonorità audaci ed elettroniche, mostrando la versatilità del progetto.
Terza Parte: La Consapevolezza e il Congedo
"Stammi dietro" introduce un timido spiraglio di speranza, seguito da "Un’ultima volta", una rap ballad nostalgica dal flow underground. I brani finali, "Inganno", "Pappa molle" e la title-track "Storie di Plastica", potenziano il sound e chiudono il cerchio con un'amara riflessione: aver vissuto una vita artificiale, di plastica.
Dal punto di vista autoriale, "Storie di Plastica" è un esordio che unisce crudezza e autenticità. Arti-Gence si presenta con uno stile fatto di rime dense alternate a ritornelli melodici e coinvolgenti. Il tono malinconico e riflessivo accompagna un dialogo ininterrotto con se stessi.
Questo album non è solo un esercizio tecnico tra umano e AI, ma una necessità narrativa. L'algoritmo sembra riflettere il bisogno dell'autore di fare i conti con sé stesso e con un'esistenza simulata. Il risultato è un'opera che, pur nascendo da codice, pone domande profondamente umane sull'autenticità nell'era moderna. Forse, la vera "storia di plastica" è quella di un'intelligenza artificiale che ci costringe a guardarci allo specchio, mostrando un'immagine a volte scomoda.